Responsabilità contrattuale della struttura sanitaria. Trib. Milano, 14.05.2020 n. 2764.

Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura (o ente ospedaliero) trova la sua fonte nel contratto atipico cd di specialità, concluso tra le parti per “fatta concludentia”, ossia mediante la mera accettazione del malato presso la struttura.

Si tratta di un contratto atipico a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell’obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall’assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell’ente), accanto a quelli di tipo “lato sensu” alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico-ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze.

Ne consegue che la responsabilità della casa di cura (o dell'ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell’art. 1218 cc, all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché in visita dell’art. 1228 cc, all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale (Cass. 13953/2007 - Cassa. 28987/2019).

Quest’ultima sentenza in motivazione afferma: “...va rimarcato come il medico operi pur sempre nel contesto dei servizi resi dalla struttura presso cui svolge l'attività, che sia stabile o saltuaria, per cui la condotta negligente può essere agevolmente isolata dal più ampio complesso delle scelte organizzative, di politica sanitaria e di razionalizzazione dei propri servizi operate dalla struttura , di cui il medico stesso e parte integrante, mentre il già citato art. 1228 cc fonda a sua volta l’imputazione al debitore degli illeciti commessi dai suoi ausiliari sulla libertà del titolare dell’obbligazione di decidere come provveder all’inadempimento, accettando il rischio connesso alle modalità prescelte, secondo la struttura di responsabilità da rischio di impresa (chiuso commoda eius et incomoda) ovvero, descrittivamente, secondo la responsabilità organizzativa nell’esecuzione di prestazioni complesse; ne consegue che, se la struttura si avvale della collaborazione dei sanitari persone fisiche (utilità) si trova del pari a dover rispondere dei pregiudizi da costoro eventualmente cagionati (danno): la responsabilità di chi si avvale dell’esplicazione dell’attività del terzo per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale trova radice non già in una colpa in esigendo degli ausiliari, o in vigilando circa il loro operato, bensì nel rischio connaturato all’utilizzo zio e dei terzi nell’adempimento dell’obbligazione (Cass. 27.03.2015 n. 6243), realizzandosi e non potendo obliterarsi, l’avvalimento dell’attività altrui per l’adempimento della propria obbligazione, comportante l’assunzione del rischio per i danni che al creditore ne derivino (Cass. 06.06.2014 n. 12833).