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Comunione legale tra coniugi

Il regime patrimoniale legale dei coniugi, in mancanza di diversa convenzione, è costituito dalla comunione dei beni.

La comunione legale non è una comunione universale, cioè di tutto quanto appartiene a ciascuno dei coniugi, ma ha ad oggetto solamente alcuni degli acquisti compiuti dei coniugi in costanza di matrimonio.

È importante, quindi, chiarire quali siano gli acquisti che cadono in comunione e quali rimangano personali, di pertinenza esclusiva di ciascun coniuge.

Si distinguono, in genere, tre categorie di beni:

- beni che divengono oggetto di comunione dei coniugi sin dal loro acquisto;

- beni che cadono in comunione soltanto al momento dello scioglimento della comunione stessa (comunione de residuo);

- beni che rimangono in ogni caso di titolarità esclusiva del singolo coniuge (beni personali).

In base al codice civile, cadono automaticamente in comunione:

a) gli acquisti compiuti dai coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali (mobili di casa, auto, appartamento, ecc);

b) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;

c) gli utili e gli incrementi di aziende gestite da entrambi i coniugi, ma appartenenti ad uno solo di essi anteriormente al matrimonio.

I redditi personali dei coniugi non rientrano nella comunione legale, ma nemmeno nei beni personali. Essi, ai sensi dell'art. 177 cc. si considerano oggetto della comunione, ai soli fini della sua divisione, qualora non siano stati consumati al momento dello scioglimento della comunione stessa.

Poiché i redditi personali o sono consumati per l'acquisto di beni di consumo e servizi (e non ci sono più), o sono investiti o comunque impiegati per acquisti di beni durevoli (e in tal caso gli acquisti diventano automaticamente comuni o personali a seconda della loro natura), o sono accantonati, è chiaro che tale norma riguarda essenzialmente i risparmi, anche quelli formalmente appartenenti solo al marito o alla moglie, devono essere divisi tra entrambi i coniugi al momento in cui la comunione si scioglie per qualsiasi causa (comunione de residuo).

Lo stesso principio vale anche per i beni destinati all'esercizio di un'impresa costituita da uno dei coniugi dopo il matrimonio e per gli incrementi di un'impresa costituita precedentemente al matrimonio.

Sono esclusi dalla comunione e rimangono di proprietà di ciascun coniuge:

a) beni di cui il coniuge era già titolare prima del matrimonio;

b) beni da lui acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione in suo favore, salvo che siano espressamente attribuiti alla comunione;

c) beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge;

d) beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione;

e) beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;

f) beni acquisiti con il prezzo del trasferimento di altri beni personali o con il loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto.

L'acquisto di un bene mobile o di un bene mobile registrato è escluso dalla comunione quando a tale esclusione acconsenta l'altro coniuge partecipando all'atto di acquisto e confermando che si rientra in una delle ipotesi ricordate.

Si è discusso a lungo se i coniugi possano di comune accordo decidere di impedire che un bene acquistato da uno dei due, entri a far parte della comunione.

La giurisprudenza ha precisato che è necessario l'effettiva esistenza del presupposto della qualità personale del bene.

Pertanto, il coniuge che abbia partecipato all'atto attestando il carattere personale dell'acquisto, può in seguito far accertare la falsità di tale dichiarazione e dunque l'appartenenza del bene alla comunione, in quanto le regole della comunione legale sono indisponibili da parte dei privati.

La Corte di Cassazione ritiene che appartengano alla comunione anche i crediti incorporati in documenti (obbligazioni, titoli di Stato), ma che ne restino esclusi i crediti derivanti dalla stipulazione dei contratti.

L'amministrazione dei beni in comunione spetta disgiuntamente a entrambi i coniugi, salvo che per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, nonché la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento e la rappresentanza in giudizio che spettano ad entrambi i coniugi.

Tra gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione rientra il contratto preliminare di vendita con il quale il coniuge si impegna a trasferire il bene comune.

Se uno dei coniugi rifiuta il suo consenso per il compimento di tali atti, l'altro può rivolgersi al giudice per ottenere l'autorizzazione a stipulare ugualmente l'atto quando questo sia necessario per la famiglia.

Il coniuge può farsi autorizzare al compimento dell'atto anche quando l'altro coniuge sia lontano o impedito.

Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge e da questo non convalidati, sono annullabili se riguardano beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri.

Se riguardano beni mobili, l'atto rimane valido nei confronti dei terzi, ma il coniuge è obbligato a ricostituire la comunione nello stato in cui si trovava in precedenza; qualora ciò non sia possibile, è obbligato a pagare alla comunione l'equivalente.

regole peculiari sono dettate in ordine alla possibilità per i creditori di soddisfarsi sui beni comuni.

I beni della comunione rispondono di:

a) tutti i pesi ed oneri gravanti su di essi al momento dell'acquisto;

b) tutti i carichi dell'amministrazione;

c) ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell'interesse della famiglia;

d) ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi.

I creditori personali dei coniugi non possono soddisfarsi sui beni della comunione se non in quanto i beni personali del loro debitore non siano capienti. In tal caso possono soddisfarsi sui beni della comunione solo limitatamente al valore della quota del loro debitore, ossia alla metà, purché non vengano in conflitto con i creditori della comunione, che sono sempre preferiti.

I creditori della comunione possono agire anche sui beni dei singoli coniugi, nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti gravanti su di essa.

La comunione legale si scioglie per:

- morte di uno dei coniugi;

- sentenza di divorzio;

- dichiarazione di assenza e di morte presunta di uno dei coniugi;

- annullamento del matrimonio;

- separazione personale legale tra i coniugi (dalla data in cui il Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati o dalla data di omologazione della separazione);

- fallimento di uno dei coniugi;

- convenzione tra i coniugi per abbandonare il regime di comunione;

- separazione giudiziale dei beni.

La separazione giudiziale dei beni può essere pronunciata dal Tribunale a richiesta di uno dei coniugi, quando ricorra una delle seguenti cause:

- interdizione o inabilitazione o amministrazione di sostegno di uno dei coniugi;

- cattiva amministrazione della comunione;

- disordine negli affari personali di uno dei coniugi o condotta tenuta da uno dei coniugi nell'amministrazione della comunione, tale da mettere in pericolo gli interessi dell'altro o della comunione;

- mancata o insufficiente contribuzione da parte di uno dei coniugi al soddisfacimento dei bisogni familiari, in relazione all'entità delle sue sostanze e alle sue capacità di lavoro.

La sentenza di separazione dei beni retroagisce al giorno in cui è stata proposta la domanda e ha l'effetto di instaurare a partire da quel momento, il regime di separazione dei beni.

Verificatosi una causa di scioglimento della comunione, cessa il regime legale del coacquisto e tutti i beni acquistati individualmente rimangono di proprietà esclusiva di chi li acquista.

Tutti i beni facenti parte della comunione, invece, vanno divisi tra i coniugi in parti eguali, in base al principio, inderogabile, della partecipazione dei coniugi alla comunione legale in quote eguali.

In sede di separazione giudiziale della comunione legale, il giudice può costituire a favore di un coniuge un usufrutto dell'altro, tenendo conto delle eventuali necessità della prole.

La legge consente di regolare convenzionalmente il regime di comunione legale dando luogo ad una comunione convenzionale.

Tuttavia, gli unici aspetti derogabili, sono relativi alla possibilità di ricomprendere nella comunione anche beni personali (soprattutto quelli di cui i coniugi erano proprietari prima del matrimonio) ad eccezione di quelli che non possono far parte della comunione ovvero a far rientrare nella comunione tutti i redditi, che come detto sarebbero oggetto della comunione de residuo.

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