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Avvocato a Bologna

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Danni da parto

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I danni da parto, sono una vasta categoria di infortuni che si verifica durante il travaglio e parto a causa di trauma e/o mancanza di ossigeno; tra di essi vi rientra, anche, il danno da morte del feto.

 

Il travaglio ed il parto sono il processo attraverso cui il bambino, la placenta, il sacco amniotico ed il cordone ombelicale passano dall’utero al mondo esterno.
Si tratta, quindi, di processi complessi in cui possono verificarsi complicanze inevitabili, anche perché i sanitari sono chiamati spesso a prendere decisioni rapide e rispettose delle linee guida.

 

A volte, tuttavia, lesioni al neonato e alla mamma possono derivare da comportamenti medici censurabili e, in tal caso, il neonato e la sua famiglia hanno diritto al risarcimento.

 

Errori possono essere commessi nel monitoraggio fetale, nella scelta di farmaci impropri, nell’uso del forcipe e nella ventosa ostetrica.

 

La morte del neonato o l’interruzione della gravidanza sono traumi devastanti per i genitori.

 

Il dolore è, poi, acuito se si è coscienti del fatto che la morte del bambino poteva essere evitata.

Il mio Studio è specializzato in malasanità ed assiste i danneggiati gravi da parto consentendo loro di ottenere il giusto risarcimento.

 

Il risarcimento relativo alla morte di una persona causata dalla altrui negligenza può fornire le risorse finanziarie necessarie per sopportare le spese mediche sostenute e per compensare le sofferenze psicologiche subite.

 

Tuttavia, in particolare quando si tratta della morte del feto o del bambino, l’interesse primario dei genitori è, non tanto quello di ottenere un risarcimento in denaro, quanto quello che venga fatta giustizia.

 

Molti genitori, infatti, scelgono di effettuare una richiesta di risarcimento principalmente al fine indurre il personale medico e la struttura ospedaliera ad essere maggiormente accorti durante il loro lavoro e, quindi, evitare future tragedie.

 

L'incidenza dei traumi neonatali dovuti a parti difficili o traumatici è in diminuzione per l'incrementato ricorso al parto cesareo, al posto di difficoltosi rivolgimenti o estrazioni e dell'uso del forcipe.

 

Vi è un aumentato rischio di trauma quando il bambino è grande per l'età gestazionale (che a volte è associato a diabete materno) o quando c'è una presentazione podalica o un'altra presentazione anomala, specialmente in una donna al primo parto.

 

Molti danni da parto provocano disabilità fisica o motoria o entrambe.

 

In molti casi, i medici possono evitare di causare danni da parto seguendo correttamente i protocolli, monitorando correttamente lo stato di salute della madre e del feto ed affrontando prontamente eventuali problemi che si presentino durante la gravidanza, il travaglio e il parto.
Alcuni danni sono evidenti immediatamente dopo la nascita. I sintomi e segni tipici del danno cerebrale perinatale includono:

  • colore bluastro o pallido del bambino;
  • pulsazioni basse o necessità di rianimazione del neonato;
  • fiacchezza o letargia del neonato; disinteresse o difficoltà a nutrirsi;
  • inusuali movimenti del viso, delle braccia e delle gambe (convulsioni);
  • movimenti in un solo lato del corpo;
  • basso indice APGAR ad un minuto e più dalla nascita.

Spesso il danno cerebrale non è identificato per anni fino a quando non ci si rende conto che il bambino non è riuscito a raggiungere le tappe essenziali dello sviluppo o sino a quando, durante il periodo scolastico, le difficoltà di apprendimento diventano evidenti.

 

Lesioni extracraniche alla testa

 

Il trauma cranico è la lesione più comune dovuta al parto e di solito è minore, ma, talvolta si possono verificare gravi lesioni.

 

Modellamento del cranio

 

Il modellamento del cranio è frequente in un parto vaginale per la pressione esercitata dalle contrazioni uterine sul cranio malleabile del neonato mentre passa attraverso il canale del parto. Questo modellamento è un processo normale e non è un segno di trauma. Non richiede trattamento.

 

Abrasioni del cuoio capelluto

 

Abrasioni e lesioni del cuoio capelluto, che sono di solito superficiali e minori, possono verificarsi durante i parti che richiedono l'uso di strumenti (fino al 10% dei bambini estratti con ventosa).

 

Caput succedaneum

 

Il caput succedaneum è una raccolta sottocutanea, extraperiostale a contenuto sieroematico sulla superficie del cuoio capelluto dovuta a una pressione della testa durante il travaglio.

 

Emorragia sottogaleale

 

L'emorragia sottogaleale si verifica tra l'aponeurosi della galea e il periostio. È il risultato di un trauma più importante ed è caratterizzata da una massa fluttuante su tutto il cuoio capelluto, compresa la regione temporale e si manifesta nelle prime ore dopo la nascita. Questo spazio potenziale, sotto il cuoio capelluto, è grande e può portare a una significativa perdita di sangue e uno shock emorragico, che può richiedere una trasfusione di sangue. Un'emorragia subgaleale può derivare dall'uso di un forcipe o da un aspiratore a vuoto o può derivare da un disturbo della coagulazione.

 

In alcuni casi, l'ipovolemia grave e lo shock si sviluppano prima che l'estensione completa dell'emorragia sottogaleale sia clinicamente evidente. Il trattamento dell'emorragia sottogaleale è per lo più di supporto con l'infusione di soluzione fisiologica e di globuli rossi concentrati, se necessario.

 

Cefaloematoma

 

Il cefaloematoma è un'emorragia sotto il periostio. Può essere differenziato dall'emorragia sottogaleale perché è nettamente limitata all'area soprastante un singolo osso, essendo il periostio aderente alle suture. Il cefaloematoma di solito è unilaterale e parietale. In una piccola percentuale dei neonati, vi è una frattura lineare dell'osso sottostante. L'ematoma si manifesta di solito nei primi giorni di vita e si risolve nel corso di settimane.

 

Il trattamento del cefaloematoma non è necessario, ma si può verificare anemia o iperbilirubinemia. Di tanto in tanto, l'ematoma calcifica in una massa ossea.

 

Fratture craniche depresse

 

Le fratture depresse del cranio sono rare. La maggior parte deriva dal poggiare della testa su una prominenza ossea in utero o da un parto assistito in cui sia stato utilizzato il forcipe. I neonati con fratture depresse del cranio o altri traumi del capo possono anche avere sanguinamenti subdurali, emorragie subaracnoidee o contusioni o lacerazioni cerebrali (Emorragia endocranica). Le fratture del cranio con infossamento provocano una deformità palpabile a scalino (talvolta visibile), che deve essere differenziata dalla rima periostea soprelevata palpabile del cefaloematoma.

 

Per confermare la diagnosi di fratture depresse del cranio ed escludere complicanze si esegue una TC o una RM.

 

Può essere necessario un intervento neurochirurgico di sollevamento.

 

Lesione dei nervi faciali

 

Il nervo facciale il più delle volte è quello leso. Anche se la pressione del forcipe è una causa comune, alcune lesioni dipendono probabilmente dalla compressione del nervo in utero, che può essere dovuta alla posizione fetale (p. es., testa contro le spalle, il promontorio sacrale o un fibroma uterino).

 

La lesione del nervo facciale solitamente si verifica distalmente alla sua uscita dal forame stilomastoideo e comporta un'asimmetria facciale, soprattutto durante il pianto. Identificare il lato del viso interessato può essere difficile, ma i muscoli facciali dal lato della lesione nervosa non si possono muovere. La lesione può anche verificarsi a carico di una delle branche del nervo, generalmente la mandibolare.

 

Un'altra causa di asimmetria facciale è l'asimmetria mandibolare derivata da una pressione intrauterina; in questo caso, l'innervazione muscolare è intatta ed entrambi i lati della faccia si possono muovere. Nell'asimmetria mandibolare, le superfici occlusive mascellare e mandibolare non sono parallele, il che la differenzia da una lesione del nervo facciale. Un'anomalia congenita che può causare un sorriso asimmetrico è l'assenza unilaterale del muscolo depressore dell'angolo della bocca; questa anomalia è clinicamente insignificante, ma deve essere differenziata da una lesione del nervo facciale.

 

Il test per o il trattamento della lesione del nervo facciale non è necessario per le lesioni del nervo facciale periferico o l'asimmetria mandibolare. Si risolvono generalmente nei primi 2-3 mesi.

 

Lesioni del plesso brachiale

 

La lesione del plesso brachiale frequentemente successiva a uno stiramento laterale del collo durante il parto è causata da distocia della spalla, estrazione podalica o iperabduzione del collo nella presentazione cefalica. Le lesioni possono essere causate da semplice stiramento del nervo, emorragia del nervo, lacerazione del nervo o della sua radice o avulsione delle radici con lesione del midollo cervicale. Si possono verificare lesioni associate (p. es., fratture della clavicola o dell'omero o sublussazioni della spalla o delle vertebre cervicali). La compressione intrauterina può anche esserne la causa.

 

Le lesioni possono coinvolgere il

 

· Plesso brachiale superiore (C5 a C7): implica i muscoli intorno alla spalla e al gomito

 

· Plesso inferiore (C8 a T1): implica principalmente i muscoli dell'avambraccio e della mano

 

· Intero presso brachiale: implica l'intero arto superiore e spesso le fibre simpatiche di T1

 

La prognosi dipende dal tipo e dalla sede del danno sulla radice del nervo.
La paralisi di Erb è la lesione più frequente del plesso brachiale. Questa è una lesione del plesso brachiale (C5-C7) superiore caratterizzata da adduzione e rotazione interna della spalla con pronazione dell'avambraccio. A volte il riflesso bicipitale è assente e il riflesso di Moro è asimmetrico. È inoltre frequente la paralisi omolaterale del diaframma dovuta alla lesione del nervo frenico. Il trattamento della paralisi di Erb di solito è palliativo con la terapia fisica e il posizionamento protettivo, che prevede la protezione della spalla dai movimenti eccessivi mediante l'immobilizzazione del braccio al di sopra dell'addome e la prevenzione delle retrazioni mediante movimenti passivi delicati e quotidiani e sulle articolazioni ad iniziare dalla 1a settimana di vita.

 

La paralisi di Klumpke è rara ed è una lesione del plesso inferiore che provoca debolezza o paralisi della mano e del polso. Il riflesso dell'afferramento (grasping) è di solito assente, ma è presente il riflesso bicipitale. Spesso, sono coinvolte le fibre simpatiche di T1 causando la sindrome di Horner omolaterale (miosi, ptosi, anidrosi facciale). Gli esercizi di mobilitazione passiva rappresentano in genere l'unico trattamento richiesto.

 

Comunemente né la paralisi di Erb né quella di Klumpke provocano una perdita di sensibilità dimostrabile, che suggerisce uno stiramento o un'avulsione. Tali condizioni di solito migliorano rapidamente, ma i deficit possono persistere. Se il deficit è più grave o dura per più di 1 o 2 settimane, si raccomanda la fisioterapia o la terapia occupazionale per il corretto posizionamento e il movimento delicato del braccio. Se non vi è alcun miglioramento in 1 o 2 mesi, vi è un aumentato rischio di invalidità a lungo termine e di crescita alterata. La valutazione da parte di un neurologo e/o di un ortopedico pediatrico in un ospedale pediatrico specializzato è indicata per determinare se l'esplorazione chirurgica e la riparazione microchirurgica del plesso brachiale con innesti nervosi possono migliorare il risultato.

 

Il coinvolgimento dell'intero plesso è meno comune e si traduce in un'estremità superiore flaccida con poco o nessun movimento, assenza di riflessi, e solitamente la perdita del sensorio. La sindrome di Horner omolaterale è presente nei casi più gravi. Segni piramidali omolaterali (p. es., movimenti ridotti, segno di Babinski) indicano un trauma del midollo spinale edeve essere eseguita una RM.

 

Lesioni ai nervi periferici

 

La maggior parte delle lesioni del nervo frenico (circa il 75%) è associata a lesioni del plesso brachiale. La lesione è solitamente unilaterale e causata da una lesione di trazione della testa e del collo.

 

I bambini si presentano con distress respiratorio e riduzione dei rumori respiratori sul lato interessato.

 

Il trattamento della lesione del nervo frenico è palliativo e in genere richiede ventilazione continua a pressione positiva o ventilazione meccanica. Circa un terzo dei bambini guarisce spontaneamente entro il primo mese. I bambini che non recuperano possono richiedere la plicatura diaframmatica chirurgica.

 

Traumi di altri nervi periferici

 

I traumi degli altri nervi periferici (p. es., radiale, sciatico e otturatore) sono rari nel neonato e di solito non sono correlati al travaglio e al parto. Essi sono solitamente secondari a traumi locali (p. es., iniezioni eseguite sul o vicino al nervo sciatico).

 

Il trattamento della lesione dei nervi periferici consiste nel mettere a riposo i muscoli antagonisti a quelli paralizzati fino alla guarigione. Raramente si richiede l'esplorazione neuro-chirurgica del nervo. Nella maggior parte delle lesioni dei nervi periferici la guarigione è completa.

 

Lesioni del midollo spinale

 

Il trauma del midollo spinale (Lesione al midollo spinale nei bambini) è raro e determina una lacerazione di vario grado del midollo, spesso con emorragia. L'interruzione completa del midollo spinale è molto rara. I traumi si verificano di solito nella presentazione podalica dopo eccessive trazioni longitudinali sulla colonna. Possono anche essere causati da una compressione dovuta ad emorragia epidurale o a un'iperestensione del collo fetale in utero (il feto ondeggiante). La lesione generalmente è a carico della regione cervicale più bassa (C5-C7). Quando è più alta, la lesione è solitamente fatale perché la respirazione è completamente compromessa. A volte al momento del parto si ode un click o uno schiocco.

 

Inizialmente si verifica shock spinale con flaccidità sotto il livello della lesione. Di solito, si osserva un'irregolare conservazione della sensibilità o della motilità al di sotto della lesione. Entro pochi giorni o settimane si instaura spasticità. La respirazione è di tipo diaframmatico, dato che il nervo frenico resta intatto perché la sua origine è più in alto (C3-C5) della lesione midollare tipica. Se la lesione del midollo spinale è completa, si ha paralisi dei muscoli intercostali e addominali e non può svilupparsi il controllo degli sfinteri rettale e vescicale. Si perdono sensibilità e sudorazione al di sotto del livello interessato, e questo può causare fluttuazione della temperatura corporea con i cambiamenti ambientali.

 

Una RM del midollo spinale cervicale mostra la lesione ed esclude le lesioni trattabili chirurgicamente, come i tumori congeniti o gli ematomi comprimenti il midollo. Il liquido cerebrospinale di solito è emorragico.

 

Con le cure appropriate la maggior parte dei neonati sopravvive per diversi anni. Le cause abituali di decesso sono le polmoniti recidivanti e la progressiva insufficienza renale. Il trattamento della lesione del midollo spinale comprende la prevenzione delle ulcerazioni cutanee, il pronto trattamento delle infezioni urinarie e respiratorie e la sorveglianza regolare per identificare precocemente un'uropatia ostruttiva.

 

Emorragia endocranica

 

Emorragie all'interno o intorno al cervello si possono verificare in ogni neonato ma sono particolarmente frequenti fra quelli nati prematuramente; circa il 25% dei neonati prematuri con peso < 1500 g va incontro a emorragia cerebrale.

 

Le maggiori cause di emorragia endocranica comprendono

 

· Ipossia-ischemia

 

· Variazioni della pressione arteriosa

 

· Ipoperfusione con riperfusione

 

· Pressioni anomale esercitate sulla testa durante il travaglio

 

La presenza della matrice germinativa (una massa di cellule embrionali situate oltre il nucleo caudato sulla parete laterale dei ventricoli laterali che è vulnerabile alle emorragie) rende l'emorragia più facile. Il rischio aumenta inoltre per disturbi ematologici (p. es., carenza di vitamina K, emofilia, coagulazione intravascolare disseminata).

 

L'emorragia può verificarsi in diversi distretti del sistema nervoso centrale. Piccole emorragie a livello dello spazio subaracnoideo, della falce e del tentorio sono reperti accidentali frequenti all'esame autoptico di neonati morti per cause non del sistema nervoso centrale. Le emorragie più estese negli spazi subaracnoideo o subdurale, nel parenchima cerebrale o nei ventricoli sono meno frequenti ma più gravi.

 

L'emorragia endocranica si sospetta nei neonati che presentano

 

· Apnea

 

· Convulsioni

 

· Letargia

 

· Esame neurologico anormale

 

Tali bambini devono essere sottoposti a uno studio di imaging del cranio come parte della valutazione iniziale. L'ecografia cerebrale è priva di rischi, non richiede sedazione e può identificare rapidamente la presenza di sangue nei ventricoli o nella sostanza cerebrale. La TC è più sensibile dell'ecografia nel riconoscere falde sottili di sangue negli spazi subaracnoidei o subdurali e per le lesioni ossee. La RM è più sensibile e specifica della TC e dell'ecografia per il riconoscimento di sangue intracranico e per lesioni cerebrali. La TC viene eseguita per identificare rapidamente l'emorragia intracranica.

 

Il trattamento dell'emorragia endocranica dipende dalla localizzazione e dalla gravità dell'emorragia, ma di solito è solo di supporto, e include la vitamina K se non precedentemente somministrata e la gestione di qualsiasi anomalia della coagulazione sottostante. Nei casi di emorragia importante (p. es., emorragia subdurale), deve essere eseguita una consulenza neurochirurgica in moda da identificare i bambini che necessitano di un intervento.

 

Ematoma epidurale

 

L'ematoma subdurale è una raccolta ematica tra la testa e la dura madre. È raro nei neonati, ma può verificarsi in associazione con una frattura del cranio o cefaloematoma. I bambini possono manifestare apnea, convulsioni, o anomalie focali neurologiche. Le fontanelle possono essere sporgenti se la pressione intracranica è aumentata.

 

La maggior parte degli ematomi epidurali è autolimitante e non richiede trattamento. Se è necessario un intervento, esistono opzioni chirurgiche e non chirurgiche. Le opzioni non chirurgiche consistono nell'incisione percutanea epidurale o nell'ago-aspirato ecoguidato. Le opzioni chirurgiche comprendono la craniotomia, riservata ai casi che stanno rapidamente peggiorando o che non sono responsivi ad altri trattamenti.

 

Se individuata e trattata tempestivamente, gli esiti neurologici sono buoni.

 

Emorragia intraventricolare e/o emorragia intracerebrale

 

Le emorragie intraventricolari e/o intraparenchimali di solito avvengono durante i primi 3 giorni di vita e rappresentano il tipo di emorragia endocranica più grave. Le emorragie si verificano generalmente nei neonati prematuri, il più delle volte sono bilaterali e di solito originano nella matrice germinativa. L'emorragia intraventricolare anche se rara può verificarsi nei neonati nati a termine. La maggior parte degli episodi emorragici è subependimale o intraventricolare e coinvolge una piccola quantità di sangue. Nelle emorragie gravi può avvenire un sanguinamento nel parenchima o un interessamento del sistema ventricolare con grandi quantità di sangue nella cisterna magna e nelle cisterne basali. L'ipossia-ischemia spesso precede il sanguinamento intraventricolare e subaracnoideo. L'ipossia-ischemia danneggia l'endotelio capillare, altera l'autoregolazione vascolare cerebrale e può incrementare il flusso ematico cerebrale e la pressione venosa, tutti elementi questi che facilitano l'emorragia. La maggior parte delle emorragie intraventricolari è asintomatica, ma le emorragie più estese possono causare apnea, cianosi o collasso improvviso.

 

La prognosi per i bambini con piccole emorragie intraventricolare è buona. Tuttavia, la prognosi nei neonati con importante emorragia intraventricolare è infausta, specialmente se l'emorragia si estende anche al parenchima. Molti bambini che sopravvivono hanno deficit neurologici residuali. I neonati pretermine con un'anamnesi positiva per grave emorragia intraventricolare sono a rischio di sviluppare l'idrocefalo postemorragico e devono essere monitorati da vicino con esami fisici, misurazioni della circonferenza della testa ed ecografia cranica come indicato.

 

Il trattamento per la maggior parte delle emorragie è palliativo. Tuttavia, i neonati con idrocefalo in peggioramento possono richiedere un drenaggio del liquido cerebrospinale per il posizionamento di un reservoir ventricolare o uno shunt sottocutanei. La ventricolostomia endoscopica viene sempre più utilizzata per il trattamento dell'idrocefalo in pazienti selezionati. Poiché molti neonati andranno incontro a deficit neurologici, sono importanti un follow up e un riferimento per interventi precoci.

 

Emorragia subaracnoidea

 

L'emorragia subaracnoidea probabilmente rappresenta il tipo più diffuso di emorragia endocranica. Questa comporta un sanguinamento tra l'aracnoide e la pia madre. I neonati si presentano nella 2a o 3a giornata di vita con apnea, convulsioni, letargia o un esame neurologico alterato.

 

La prognosi dell'emorragia subaracnoidea è di solito buona, senza conseguenze significative a lungo termine. Tuttavia, in caso di estese emorragie, l'associata infiammazione meningea può causare un idrocefalo comunicante durante l'accrescimento del neonato.

 

Il trattamento dell'emorragia subaracnoidea è di supporto con un monitoraggio appropriato per rilevare l'idrocefalo.

 

Emorragia subdurale

 

L'emorragia subdurale è un sanguinamento tra la dura e la pia madre. È provocata da lacerazioni della falce, del tentorio e delle vene pontine. Le piccole emorragie subdurali, fino a 3 mm di spessore, sono molto frequenti, e si verificano in circa la metà dei neonati asintomatici a termine che sono stati sottoposti a RM a ≤ 72 h di età. Tali emorragie sono tipicamente benigne. Le emorragie subdurali abbondanti tendono a verificarsi nei neonati di primipare, nei neonati grossi, oppure dopo parti difficoltosi, condizioni che possono produrre pressioni inusuali sui vasi endocranici. I neonati possono presentare apnea, convulsioni, un allargamento rapido della testa, un alterato esame neurologico con ipotonia, riflesso di Moro debole o emorragie retiniche estese.

 

La prognosi dell'emorragia subdurale abbondante è riservata.

 

Il trattamento dell'emorragia subdurale abbondante è di supporto, ma può essere necessario il drenaggio neurochirurgico dell'ematoma nei casi con sanguinamento rapido progressivo con compressione delle strutture vitali intracraniche e segni di peggioramento clinico,.

 

Fratture

 

La frattura della clavicola, la più frequente frattura alla nascita, si verifica di solito per distocia di spalla e anche con parti normali, non traumatici. Il neonato all'inizio appare talvolta irritabile e non può muovere il braccio interessato né spontaneamente né quando si stimola il riflesso di Moro. La maggior parte delle fratture clavicolari è a legno verde e guarisce rapidamente senza complicanze. Queste fratture sfuggono comunemente all'esame in ospedale e spesso vengono diagnosticati quando si forma un grosso callo nel sito della frattura entro una settimana. Il rimodellamento è completato entro un mese e non ci sono sequele.

 

Non è necessario un trattamento specifico, ma alcuni medici consigliano di tentare di immobilizzare il braccio per una settimana bloccando la manica della camicia del lato interessato sul lato opposto della maglietta del neonato. Gli analgesici non sono necessari perché i neonati con una frattura clavicolare tipicamente non mostrano segni di dolore.

 

Nei parti distocici si possono fratturare l'omero e il femore. Si tratta nella maggior parte dei casi di fratture a legno verde, a metà diafisi, cui segue solitamente un buon rimodellamento dell'osso anche se con un iniziale moderato grado di angolazione. Le ossa lunghe possono fratturarsi all'epifisi, ma la prognosi è buona.

 

Lesioni dei tessuti molli

 

Ogni tessuto molle è predisposto a lesioni alla nascita, se costituiva la parte presentata o se rappresentava il fulcro della forza delle contrazioni uterine. Edema ed ecchimosi spesso seguono al trauma, in particolare dei tessuti facciali e periorbitali nelle presentazioni di faccia e dello scroto o delle grandi labbra nelle presentazioni podaliche. Ogniqualvolta si forma un ematoma, si ha infiltrazione di sangue nei tessuti e degradazione dell'eme in bilirubina. Questa quota aggiunta di bilirubina può provocare un'iperbilirubinemia neonatale sufficiente da richiedere fototerapia e, raramente, l'exanguinotrasfusione. Non sono necessarie altre terapie.  

 

La sepsi materna

 

È necessario prendere in considerazione anche la sepsi materna e cioè l'infezione sistemica contratta durante la gravidanza, il parto, il periodo post-aborto o post-partum che è una condizione pericolosa e una delle principali cause di morte nella madre e di complicazioni nel feto.

 

Generalmente è causata dallo Streptococco beta emolitico di gruppo A che viene introdotto nella madre con l’utilizzo di strumenti chirurgici o di ausilio al parto.

 

La sepsi materna può portare a nascite premature, infezione fetale, ipossia e acidosi, mortalità fetale e maggiore probabilità di parto mediante taglio cesareo.

 

Il trattamento consiste nella somministrazione di antibiotici per via orale subito dopo il parto. In alcuni casi la sepsi materna può essere fatale: il 15% di tutte le morti materne nel mondo è causato da questa condizione clinica.

 

La sepsi è una condizione che può essere osservata sia durante la gravidanza che dopo il parto.

 

Nel primo caso si parla di sepsi materna; se si sviluppa entro sei settimane dal parto, invece, si chiama sepsi post-partum o sepsi puerperale.

 

Negli ultimi decenni, la sepsi è diventata la principale causa di morte durante o poco dopo il travaglio. Uno dei fattori di rischio associati alla morte materna per sepsi è l’avere partorito con parto cesareo.

 

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che, tra il 2003 e il 2009, la sepsi ha rappresentato il 10,7% di tutte le morti materne. Una revisione sistematica nel 2013 ha rilevato che la sepsi è responsabile anche del 15,6% delle morti neonatali a livello globale. I dati registrati dall’Istituto per la sorveglianza sanitaria ha mostrato un aumento della morte materna per sepsi nel tempo: tale condizione, infatti, è passata dall'essere la quarta causa più frequente di mortalità materna nel 2006-2012 alla seconda più frequente nel 2013-2015.

 

La sepsi post-partum è trattata con antibiotici orali, come clindamicina o gentamicina. Gli antibiotici saranno specifici per il tipo di batterio che il medico sospetta abbia causato l'infezione.

Lo Studio dell'Avvocato ANDREA COVA è specializzato in malasanità ed assiste i danneggiati gravi da parto consentendo loro di ottenere il giusto risarcimento.

 

La morte prenatale di un figlio rientra nel novero delle drammatiche evenienze che si possono determinare in conseguenza di un errore medico, iscrivendosi nel più ampio contesto di quelli che vengono considerati “danni da parto per malasanità“.

 

In termini giuridici si può parlare di “nascita” al verificarsi di due condizioni concomitanti:
1. il distacco naturale o indotto dal corpo materno
2. la manifestazione di vita autonoma del frutto del concepimento attraverso il respiro.

La nascita, quindi, si fa coincidere temporalmente con il primo atto respiratorio e ad essa si correla l’acquisizione della qualifica di neonato da parte del soggetto nato vivo; di conseguenza, qualora si verificasse il suo decesso anche dopo pochi istanti dalla nascita, tale evento andrebbe comunque inquadrato quale “morte del neonato“.
Il concepito che, invece, sia uscito o sia stato estratto dal grembo materno e non abbia respirato (in caso di dubbio è dirimente l’analisi del polmone per rinvenirvi tracce di ossigeno), si considera nato morto e viene ancora qualificato come feto: tale evento quindi sarà inquadrato giuridicamente quale “morte del feto“, assimilando tale situazione a quella del decesso intrauterino.
La morte del feto nel grembo della madre, provocata dalla negligenza e imperizia della condotta dei sanitari, è “un vero e proprio danno da perdita del rapporto parentale” in quanto anche la tutela del concepito ha fondamento costituzionale (artt. 2 e 31, secondo comma, Cost.; Corte costituzionale n. 27 del 1975), allo stesso modo in cui è perdita del rapporto parentale la morte del neonato.

 

Ne consegue che il relativo pregiudizio rileva nella sua duplice, e non sovrapponibile dimensione morfologica della sofferenza interiore e in quella, ulteriore e diversa, che si rifletta in termini dinamico-relazionali, sui percorsi della vita quotidiana attiva del soggetto che l’ha subita.

 

“Il vero danno, nella perdita del rapporto parentale, è la sofferenza, non la relazione. È il dolore, non la vita che cambia, se la vita è destinata, sì, a cambiare, ma, in qualche modo, sopravvivendo a sé stessi nel mondo”.

 

È quanto sostenuto in una sentenza di estremo rilievo, la n. 26301/21, depositata il 29 settembre 2021, pronunciata dalla terza sezione civile della Cassazione su uno dei purtroppo non infrequenti casi di morte intrauterina causata da malpractice medica da cui era scaturita una causa.

 

Precedentemente, la Corte di Cassazione considerava il danno subito a seguito della morte del feto come semplice perdita di una relazione affettiva potenziale (che, cioè, avrebbe potuto instaurarsi, nella misura massima del rapporto genitore-figlio, ma che è mancata per effetto del decesso anteriore alla nascita), ma non anche di una relazione affettiva concreta sulla quale parametrare il risarcimento all’interno della forbice di riferimento” delle tabelle di Milano per il danno da perdita del rapporto parentale.

 

La morte fetale durante una gravidanza avanzata può avere cause materne, placentari, fetali oppure genetiche:

Materno

Disturbi trombotici acquisiti

 

Diabete mellito non compensato

 

Obesità patologica (indice di massa corporea ≥ 40 kg/m2)

 

Preeclampsia o eclampsia

 

Sepsi

 

Abuso di sostanze

 

Uso di tabacco

 

Malattie tiroidee

 

Traumi

Placentare

Abruptio placentae

 

Infezione intra-amniotica (corioamnionite)

 

Emorragia feto-materna

 

Trasfusione da gemello a gemello

 

Patologie del cordone ombelicale (p. es., prolasso, nodi)

 

Insufficienza vascolare utero-placentare

 

Vasa previa

Fetale

Trombocitopenia alloimmune

 

Anomalie cromosomiche

 

Anemia fetale alloimmune o ereditata

 

Infezione

 

Importanti malformazioni congenite (in particolare del cuore o del cervello)

 

Idrope fetale non immune

 

Malattie monogeniche

Complicanze

 

Se un feto muore in tarda gravidanza o vicino al termine ma rimane nella cavità uterina per settimane, si può verificare una coagulopatia da consumo o anche coagulazione intravascolare disseminata.

 

Diagnosi della natimortalità

 

La natimortalità può essere diagnosticata con Valutazione clinica e Test per identificare la causa.

 

La diagnosi di natimortalità è clinica.

 

I test per determinare la causa della natimortalità comprendono i seguenti:

 

- Esame generale del feto nato morto (p. es., aspetto fisico, peso, lunghezza, circonferenza cranica)

 

- Cariotipo fetale

 

- Emocromo con formula materno (per evidenziare l'anemia o la leucocitosi)

 

- Test di Kleihauer-Betke

 

- Screening diretto per disturbi trombotici acquisiti, inclusi test per anticorpi antifosfolipidi (lupus anticoagulante, anticardiolipina [IgG e IgM], anti-beta2 glicoproteina I [IgG e IgM])

 

- TORCH test (toxoplasmosi [con IgG e IgM], altri agenti patogeni [p. es., parvovirus B19 umano, virus varicella-zoster], rosolia, cytomegalovirus, herpes simplex)

 

- Test sierologici reaginici (Rapid Plasma Reagin [RPR])

 

- Ormone stimolante la tiroide, e se anomalo, T4 libera (tiroxina)

 

- Test del diabete (HbA1C)

 

- Esame della placenta

 

- Test tossicologici

 

L'esame per la trombofilia ereditaria è controverso e non è raccomandato di routine.

 

L'associazione tra natimortalità e trombofilia ereditaria non è chiara ma non sembra essere forte, fatta eccezione per la possibile mutazione del fattore V Leiden. I test (p. es., per il fattore V di Leiden) possono essere considerati quando vengono rilevate gravi anomalie nella placenta, si verifica una restrizione della crescita intrauterina o se la donna ha un'anamnesi personale o familiare di malattie tromboemboliche.

 

Spesso non è possibile determinarne la causa.

 

Il caso: I genitori di un piccolo nato morto citano in causa l’ospedale

 

I genitori avevano convenuto in giudizio avanti il tribunale di Verbania la Asl dell’ospedale dove si era verificato il fatto per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti iure proprio in conseguenza della morte del feto portato in grembo dalla mamma, avvenuta alle prime ore del mattino del 30 dicembre 2012.

 

In particolare, essi attribuivano la causa dell’esito infausto della gravidanza all’omessa diagnosi di ipossia fetale e all’omesso trattamento terapeutico, nonché ai ritardi imputabili agli operatori sanitari, i quali non avevano eseguito prontamente il taglio cesareo che, con elevata probabilità, avrebbe evitato la sofferenza del feto e la sua morte.

 

La partoriente infatti, giunta alla trentunesima settimana di gestazione, in seguito all’improvvisa comparsa di contrazioni e perdita di liquido amniotico, si era recata all’ospedale: qui i sanitari, dopo aver monitorato il battito cardiaco fetale, avevano disposto il trasferimento della paziente in un altro presidio ospedaliero dove, riscontrato un grave peggioramento delle condizioni cliniche della nascitura, veniva data alla luce una bambina già morta.

 

II giudice di primo grado aveva disposto una consulenza tecnica medico-legale che aveva evidenziato profili di negligenza e imperizia a carico dei sanitari di entrambi i nosocomi, nonché elevate probabilità di sopravvivenza della nascitura, ove il parto cesareo fosse state eseguito tempestivamente.

 

Di qui, con sentenza del 2017, la condanna dell’Asl a corrispondere a titolo di risarcimento le somme di 120mila euro alla madre, centomila euro al padre e trentamila euro per il fratellino.

 

Il tribunale piemontese, qualificata la domanda come richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali “per perdita del frutto del concepimento”, aveva adottato, come base di calcolo, i parametri delle tabelle di Milano per l’anno 2014 (data di proposizione della domanda) per  la  perdita  del rapporto parentale; aveva poi operate “le  opportune decurtazioni” in  ragione del fatto che, da un  lato, tali parametri si riferivano all’ipotesi di un figlio nato vivo e che, dall’altro, i genitori non avessero fornito la prova di indici di particolare gravità o peculiarità del fatto idonei a giustificare la personalizzazione del risarcimento; aveva, infine, ritenuto che la mamma fosse ancora fertile e, dunque, nella condizione di avere altri figli.

 

I genitori avevano quindi proposto appello avanti la Corte d’appello di Torino lamentando l’esiguità del risarcimento, ma i giudici di seconde cure avevano respinto il gravame “per carenza dei requisiti imposti dall’art. 342 cod. proc. civ.” ed in particolare “di quello della cd autosufficienza, quantomeno per quel che concerne un profilo essenziale (appunto il “quantum” della condanna richiesta nei confronti dell’Asl) della statuizione in riforma di quella resa dal precedente giudice”, ritenuta corretta.

 

La mamma e il papà, tuttavia, non si sono dati per vinti e hanno proposto ricorso anche per Cassazione articolato in sei motivi. Tra le varie doglianze, i genitori hanno lamentato che la Corte territoriale avesse definito generica la domanda risarcitoria proposta, in quanto priva dell’indicazione specifica e puntuale della somma pretesa, non ritenendo sufficiente la descrizione degli elementi fattuali dedotti ai fini della stima del danno.

 

Ancora, per loro i giudici di secondo grado avrebbero completamente travisato il contenuto dell’atto d’appello, ritenendo che la domanda fosse esclusivamente diretta a conseguire una più cospicua liquidazione del danno, mentre gli appellanti si dolevano dell’incompletezza dell’istruttoria del giudizio di primo grado, all’esito del quale essi non erano stati messi in condizione di provare  alcuni dei fatti costitutivi della pretesa, e segnatamente la reale natura e la effettiva consistenza dei danni patiti”.

 

Il riconoscimento della sofferenza interiore

 

I ricorrenti lamentavano, inoltre, il fatto che la Corte d’Appello avesse qualificato il panico, gli incubi e il mutamento delle abitudini di vita, conseguenti alla morte del feto in utero, quale danno assolutamente avulso rispetto alla domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali patiti per la “perdita del frutto del concepimento. Tali circostanze, in realtà, non erano dirette ad ampliare l’oggetto della pretesa rispetto al “thema decidendumposto con l’atto di citazione, ma costituivano “i fatti materiali dai quali ricavare la prova della sofferenza morale” patita, limitandosi a precisare l’oggetto del petitum, senza introdurre alcuna domanda nuova.

 

I genitori avevano prospettato queste doglianze anche come violazione degli artt. 1223 e 2059 cod. civ., ipotizzata nella parte in cui la Corte territoriale aveva ritenuto che, testuali parole, “altro sarebbe il danno non patrimoniale causato dalla perdita del frutto del concepimento, e ben altro sarebbe invece il danno consistente negli strascichi che quel lutto abbia lasciato nell’animo dei protagonisti“, finendo così per confondere i fatti principali, costitutivi della domanda (da allegare con l’atto introduttivo) e i fatti secondari che, al contrario, possono essere dedotti con le richieste istruttorie.

 

Nel caso di specie, i fatti posti a fondamento delle richieste istruttorie formulate con la memoria ex art. 183, comma 6, n.2), cod. proc. civ. si identificavano nella concreta modalità di manifestazione del pregiudizio non patrimoniale (di tipo morale) patito e correttamente prospettato con l’atto di citazione.

 

Diversamente, si sarebbe finito per dare all‘art. 183 cod. proc. civ. un’interpretazione non compatibile con i principi costituzionali e riconosciuti dalla CEDU (nello specifico, l’art. 6 che sancisce il diritto all’effettività della tutela giurisdizionale).

 

I ricorrenti hanno poi censurato la sentenza impugnata, per violazione del giudicato, anche laddove aveva circoscritto la richiesta risarcitoria al solo “danno da perdita del frutto del concepimento”, discostandosi dalla qualificazione data dal prime giudice nel senso di domanda di risarcimento “generale” e dunque onnicomprensiva; hanno criticato il fatto che la Corte territoriale avesse ritenuto che le quattro ore di ansia ed agonia patite dalla puerpera nell’attesa del parto cesareo costituissero un “antefatto” rispetto alla morte del feto, e come tale “irrilevante ai fini della quantificazione del risarcimento del danno”.

 

Hanno censurato la decisione dei giudici di seconde cure di ridurre il risarcimento sul presupposto che la mamma avrebbe potuto comunque avere altri figli, essendo in età ancora fertile; infine si dolevano del fatto che il giudice di merito avesse operato una liquidazione meramente astratta del danno non patrimoniale da essi patito senza considerare (ne dare la possibilità di provare) le specificità del caso concrete, che avrebbero giustificato la personalizzazione del risarcimento.

 

Ebbene, per la Suprema Corte i primi due motivi sono fondati, con assorbimento degli altri.

 

Secondo la Cassazione, la Corte di merito ha “erroneamente respinto l’appello con declaratoria di inammissibilitàed è giunta a tale conclusione “scrutinando prioritariamente ed atomisticamente il terzo motivo di gravame, per poi trarre conclusioni estese all’intera impugnazione; gravando illegittimamente gli appellanti dell’onere di specificare, in modo preciso e puntuale, l’entità dei singoli aumenti pretesi rispetto alla liquidazione equitativa operata dal primo giudice; concludendo nel senso che l’omessa indicazione di cui al punto precedente impedisse alla Corte di pronunciarsi sul petitum risarcitorio, non essendo stata posta nella condizione di “valutare causa cognita l’eventuale sussistenza di errores in iudicando da cui sarebbe stata, secondo la prospettazione  di parte, affetta la sentenza appellata, e quindi, quale corollario, neppure di porvi rimedio in conformità alle argomentazioni della parte interessata”, che appunto non sarebbero state delineate”.

 

Secondo i Giudice della cassazione, queste affermazioni non sono conformi al diritto, ponendosi “in patente contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice”.

 

La Cassazione chiarisce perché e, per la mancata applicazione di quali principi di diritto, la Corte territoriale abbia errato nel “dichiarare inammissibile l’appello sul rilievo del difetto di autosufficienza dello stesso” e anche come sia parimenti “errata la ragione posta a fondamento dell’affermazione che gli appellanti fossero tenuti a specificare, in modo preciso e puntuale, l’entità dei singoli aumenti pretesi rispetto alla liquidazione equitativa operata dal primo giudice”.

 

La perdita del frutto del concepimento è un danno da perdita del rapporto parentale

 

Ma ciò che più preme è quanto scrive la Suprema Corte relativamente al terzo motivo di doglianza.

 

Secondo i giudici, la Corte territoriale ha qualificato “del tutto illegittimamente” tutti gli aspetti della sofferenza patita dalla gestante (il panico, gli incubi notturni) e il mutamento delle abitudini di vita conseguenti alla morte del feto in utero, quale danno “assolutamente avulso rispetto alla domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali patiti per la perdita del frutto del concepimento”.

 

Questa censura risulta pienamente  fondata, “dal momento che quello che la sentenza impugnata definisce, circoscrivendolo nella sua reale dimensione funzionale – per vero, riduttivamente ed impropriamente –  come danno da perdita del frutto del concepimento, altro non è se non un vero e proprio danno da perdita del rapporto parentale, avendo la Corte territoriale  omesso del tutto di considerare come anche la tutela del concepito abbia fondamento costituzionale“, rilevando in tale prospettiva non solo la previsione della tutela delta maternità sancita dall’art. 31, secondo comma, della Costituzione, ma, più in generale, quanto stabilito dall’art. 2 Cost., norma “che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, fra i quaIi non può non collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito”.

 

Vanno riconosciuti sia il dolore interiore sia le ricadute sulla vita quotidiana

 

La pronuncia impugnata, evidenziano ancora i giudici della Corte di Cassazione, si pone, per altro verso, “in patente ed insanabile contrasto con i principi affermati dalle sezioni unite di questa Corte in tema di rapporti tra mutatio libelli e la sua semplice emendatio, una volta accertati ed enucleati fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio. Andranno, pertanto, applicati, sul punto, i principi ripetutamente affermati da questa Corte, che non solo ha ritenuto legittimati i componenti del consorzio familiare a far valere una pretesa risarcitoria che trova fondamento negli artt.  2043 e 2059 cod. civ. in relazione agli artt. 2, 29 e 30 Cost., nonché, ai sensi della norma costituzionale interposta costituita dall’art. 8 CEDU, all‘art. 117, comma 1, Cost., ma ha anche chiarito che pure tale tipo di pregiudizio rileva nella sua duplice e non sovrapponibile dimensione morfologica “della sofferenza interiore eventualmente patita, sul piano morale soggettivo,

 

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