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I danni risarcibili

Tutti i danneggiati da responsabilità sanitaria ed i loro parenti hanno diritto di ottenere il giusto risarcimento.

Tuttavia, ogni caso di lesioni personali o di danno da morte è diverso e, quindi, non esiste un importo standard di risarcimento.

Lo Studio Legale COVA assiste in tutta Italia i danneggiati gravi da responsabilità sanitaria e i parenti di coloro che ne siano rimasti vittima, consentendo loro di ottenere giustizia (Leggi di più).

L'importo cui si ha diritto dipende dalle circostanze concrete e, cioè, a titolo esemplificativo dalla gravità dei postumi residuati, dalla durata dell'inabilità cui si è stati costretti a seguito dell'insorgere della patologia, dai mancati guadagni, dalle spese sostenute e da quelle da sostenere in futuro, dal mancato aiuto alla famiglia da parte del parente deceduto e così via.

Il risarcimento del danno da morte dipenderà da tante variabili quali, ad esempio, la coabitazione e intensità del vincolo, l'età, il fatto di contribuire economicamente ai bisogni della famiglia, ecc e potrà essere diverso da un parente all'altro.

In concreto, tuttavia, l'importo del risarcimento dipende in gran parte dalla competenza del legale incaricato che deve essere specializzato in questa materia ed avere lunghi anni di esperienza alle spalle per poter identificare tutti i danni subiti e pretenderne l'integrale risarcimento da parte dei responsabili.

A seguito delle Sentenze del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazioni, i danni si distinguono in due categorie: danni non patrimoniali e danni patrimoniali.

Sono danni non patrimoniali:

- il DANNO BIOLOGICO e, cioè, la lesione alla integrità psico-fisica in sé e per sé considerata e, quindi, indipendentemente dal reddito prodotto.

Si calcola per le micropermanenti (lesioni da zero a nove per cento) sulla base delle tabelle previste dagli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni Private; per le macropermanenti (lesioni dal 10 per cento in su), sulla base delle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano (tranne che a Roma, dove si utilizzano le Tabelle del Tribunale di Roma).

- il DANNO MORALE e, cioè, le sofferenze determinate dalla lesione subita dalla vittima. Nei confronti della vittima, si calcola come personalizzazione del danno biologico e in percentuale rispetto ad esso. Per i parenti delle vittime, si calcola sulla base delle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano (tranne che a Roma, dove si utilizzano le Tabelle del Tribunale di Roma).

- DANNO ESISTENZIALE: danno che si traduce in un peggioramento della qualità della vita, pur non essendo inquadrabile nel danno alla salute. Si calcola in genere in via equitativa da parte dei Giudici.

Il danno patrimoniale si divide in danno emergente e lucro cessante.

IL DANNO EMERGENTE

Il danno emergente è il danno che comporta un'immediata diminuzione patrimoniale.

In generale, costituisce un’alterazione, in senso negativo, della situazione del soggetto che lo subisce rispetto a quella che aveva prima dell'accadimento del fatto in questione.

Costituiscono danno emergente, per esempio, le spese di viaggio per appuntamenti medici, attrezzature mediche, dispositivi medici e interventi chirurgici, costi delle medicine, costi per le visite mediche, costi per le terapie, costi per personale assunto per l’aiuto giornaliero ecc.

Esistono due tipologie di risarcimento del danno emergente:

1. il risarcimento per equivalente, che consiste nell'attribuzione al danneggiato di una somma di danaro, il cui scopo è quello di compensare il valore del bene distrutto, senza, però, ripristinare la situazione antecedente all'accadimento;

2. il risarcimento in forma specifica, mezzo attraverso il quale il danneggiato ottiene la reintegra del bene della vita distrutto o della situazione giuridica lesa, in modo tale che venga ripristinata la situazione preesistente all'atto illecito.

In particolare, deve trattarsi della perdita di un’utilità già presente nel patrimonio del danneggiato, come, ad esempio, il disvalore economico provocato dalla mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore, le spese sostenute per rimuovere inesattezze della prestazione, la temporanea impossibilità di godere del bene, i danni provocati alla persona o ai beni del creditore.

La giurisprudenza oramai include la perdita di chance (Leggi tutto) quale ipotesi di danno, parallela e congiunta a quella del danno emergente.
E, infatti, la perdita di chance, intesa quale forma di danno patrimoniale autonoma e giuridicamente rilevante, ricomprende le legittime aspettative di natura patrimoniale, purché si tratti di legittime aspettative e non di aspettative semplici.

Il danno da perdita di chance si realizza quando il soggetto leso, a causa del verificarsi dell'inadempimento e dell'illecito, perde la possibilità concretamente esistente, di conseguire un vantaggio economico, consistente nel mancato conseguimento di un determinato bene o risultato positivo.

La perdita di chance configura, quindi, una autonoma voce di danno patrimoniale attuale, già presente nel patrimonio del soggetto al verificarsi dell'illecito e che va commisurato non alla mera perdita del risultato, bensì alla perdita di possibilità di conseguire un risultato positivo.

Il danno potrà essere risarcito a condizione che il danneggiato dimostri la sussistenza di un rapporto di causalità tra il fatto e la ragionevole probabilità della verificazione futura del danno.

La giurisprudenza ha iniziato ad ammettere la possibilità di risarcire questo tipo di danni, con la sent. 500/1999 delle Sezioni unite, con la quale viene evidenziato che per danno ingiusto deve intendersi qualsiasi tipo di danno subito dalla vittima e quindi non solo quello derivante dalla lesione di diritti soggettivi. Vi rientrano, pertanto, anche le legittime aspettative di natura patrimoniale, tra le quali la perdita di chance.

Solo con la sentenza 4400/2004, tuttavia, si giunge alla visione della chance come entità patrimoniale a sé stante giuridicamente rilevante.

Con riferimento alla quantificazione del danno, l'opinione prevalente considera la perdita di chance come danno emergente e, cioè, come lesione di un elemento già esistente nel patrimonio del danneggiato la cui violazione diventa perdita in senso stretto, ossia vanificazione effettiva del perseguimento del guadagno sperato.

La giurisprudenza lo ritiene risarcibile qualora ne sia approvata l'esistenza tramite un calcolo di probabilità e presunzioni: calcolo che verte sul rilievo di fatti ancora esistenti al momento dell'evento danneggiante.

La sua valutazione sarà poi espressa in percentuale, calcolata rispetto al suo ammontare e consistente nel mancato conseguimento del vantaggio economico prospettato.

Ai fini del risarcimento, il danneggiato deve fornire una duplice prova e cioè quella del nesso causale (sulla base del criterio del più probabile che non) e quella sulla ragionevole probabilità di verificazione della chance.

Provata l'esistenza del danno, per la monetizzazione si farà riferimento all'utile economico realizzabile diminuito di un coefficiente di riduzione, rapportato in termini percentuali al grado di probabilità di conseguirlo.

Nel caso in cui non sia possibile determinare il danno nel suo ammontare, potrà farsi ricorso alla liquidazione in via equitativa ex artt. 1226 e 2056 cc, ricorrendo a presunzioni in ordine alla sua esistenza.
IL LUCRO CESSANTE

Il lucro cessante è il guadagno che il soggetto colpito dall'illecito avrebbe potuto conseguire e che, invece, a causa dell'evento dannoso sofferto, non ha potuto realizzare. Ai sensi dell’art. 2056 secondo comma c.c., il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.

La quantificazione del mancato guadagno, infatti, non può essere accertata, differentemente da quella relativa al danno emergente. Per questo motivo, il legislatore ha previsto che il giudice possa, solo dopo che la vittima abbia provato l'esistenza quantomeno del danno emergente, valutare con equo apprezzamento l'entità del lucro cessante, ossia del così definito mancato guadagno e, quindi, conferirgli un valore economico.
Il danno patrimoniale da mancato guadagno si concretizza nell'accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall'inadempimento dell’obbligazione contrattuale; esso presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta, esclusi solo i mancati guadagni meramente ipotetici perché dipendenti da condizioni incerte.
La prova dell’effettiva consistenza del danno da risarcire richiede un giudizio di adeguatezza della causa a generare il danno lamentato; la parte che deduce un danno da mancato guadagno è, pertanto, onerata di provare la sussistenza di un nesso causale diretto e immediato, in termini di causalità adeguata, tra il comportamento lesivo ed il danno.

La liquidazione del danno da mancato guadagno, quindi, richiede un rigoroso giudizio di probabilità - e non di mera possibilità - che può essere equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l’entità del danno subito.

Il lucro cessante, nel campo del diritto del lavoro, può essere identificato con il danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa, ricorrente nei casi in cui – ad esempio – a causa della degenza in ospedale, o perché il danneggiato non può più svolgere l'attività lavorativa svolta prima dell'incidente o la può svolgere in forma limitata, vi è una diminuzione del reddito, che dovrà essere risarcita in quanto provata.
Il criterio utilizzato per il risarcimento di tale tipologia di danno è quello del reddito effettivo (o in mancanza quello del triplo della pensione sociale).

Il danno da morte (Leggi di più)

In caso di morte o di gravi lesioni conseguite ad episodi di malpractice medica o altra causa, i prossimi congiunti e il convivente di fatto (Leggi tutto) della vittima hanno diritto al risarcimento di una serie di danni non patrimoniali.

I danni risarcibili agli eredi possono essere domandati “iure proprio” e “iure hereditatis”: la differenza sta nel fatto che nel primo caso viene risarcito il danno morale patito dagli eredi per la perdita del proprio congiunto, nel secondo caso il danno è quello subito dalla vittima e che, a seguito della morte, si trasferisce agli eredi.

Il danno da perdita del rapporto parentale è un danno riflesso.

Il danno riflesso è il danno derivante dalla lesione di interessi meritevoli di tutela di cui siano portatori soggetti diversi dalla vittima primaria, ma in significativo rapporto con questa.

Deve trattarsi di un rapporto qualificato che, normalmente, si identifica nei rapporti familiari, senza tuttavia esaurirli essendo ritenuti meritevoli di tutela alcuni legami di fatto.

I danni che possono subire le vittime secondarie possono essere di tipo patrimoniale e non patrimoniale. 

Sono patrimoniali, a titolo di esempio, il pregiudizio subito dai congiunti della vittima (ai quali viene equiparato il convivente more uxorio anche se con un regime probatorio molto più gravoso) per la perdita delle contribuzioni che da quella ricevevano ed avrebbero ancora ricevuto presuntivamente in futuro; il danno derivante dalla lesione del diritto di credito ad opera di un terzo; le spese di assistenza affrontate dai familiari per assistere e curare il congiunto durante la degenza e la convalescenza; il danno subito dalla moglie che ha dovuto abbandonare il lavoro per accudire il marito vittima di lesioni personali.

Sono danni non patrimoniali, per esempio, il danno derivante dalla lesione del rapporto parentale; il danno da nascita indesiderata del padre; il danno alla sessualità derivante dalle lesioni patite dal coniuge; danno biologico di natura psichica patito dalla madre per la perdita di un figlio.

Il danno riflesso può essere ridotto in misura corrispondente alla percentuale di colpa ascrivibile alla vittima.

Il criterio di liquidazione dei danni più diffuso, nei casi in cui non vengano applicate le tabelle di legge (obbligatorie per le invalidità sino al 9% per i danni conseguenti alla circolazione dei veicoli e dei natanti e peri casi di malpractice medica) è quello adottato dal Tribunale di Milano che ha avuto, anche, l’avvallo della corte di cassazione.

Le nuove tabelle del tribunale di Milano per la liquidazione del danno parentale (29 giugno 2022) si basano sul metodo della “tabella integrata a punti per somma” e tengono conto dei parametri rilevanti, indicati dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 10579/2021.

Tali parametri sono quelli già previsti in linea generale dalle precedenti versioni delle tabelle milanesi: corrispondenti all’età della vittima primaria e della vittima secondaria, alla convivenza tra le due, alla sopravvivenza di altri congiunti, alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta.

Nelle tabelle integrate a punti è, poi, previsto un punteggio per ognuno dei menzionati parametri: si determina così il totale dei punti secondo le circostanze presenti nella fattispecie concreta e quindi si moltiplica il totale dei punti per il “valore punto”, pervenendo così all’importo monetario liquidabile.

Giova sottolineare che le cinque circostanze considerate ai fini della distribuzione dei punti non costituiscono ciascuna un pregiudizio in sé ovviamente, ma integrano tutti gli elementi che rivelano -secondo le note massime di comune esperienza, cfr. Cass. 25164/2020- l’esistenza e consistenza di una sofferenza soggettiva e di pregiudizi dinamico-relazionali derivanti dalla perdita del parente.

Le prime quattro circostanze (età della vittima primaria e della vittima secondaria, convivenza tra le due, sopravvivenza di altri congiunti) hanno natura “oggettiva” e sono quindi “provabili” anche con documenti anagrafici; la quinta circostanza (lett. “E”, qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto) è invece di natura “soggettiva” e riguarda sia gli aspetti cd “esteriori” del danno da perdita del parente (stravolgimento della vita della vittima secondaria inconseguenza della perdita) sia gli aspetti cd “interiori” di tale danno (sofferenza interiore) e deve essere allegata, potendo poi essere provata anche con presunzioni.

Nell’apprezzamento dell’intensità e qualità della relazione affettiva, si dovrà valutare lo specifico rapporto parentale perduto, con tutte le caratteristiche obiettive e soggettive, sulla scorta di quanto allegato e provato (anche con il ricorso alle presunzioni) in causa.

Nelle tabelle milanesi è contenuta un’indicazione relativa al risarcimento del danno non patrimoniale per la morte del congiunto, in favore di genitori, figli, coniuge non separato, unito civile, convivente di fatto, fratelli.

Il risarcimento del danno da morte dipenderà, quindi, da tante variabili (coabitazione, intensità del vincolo, età, ecc) e sarà diverso da un parente all'altro.

Il danno biologico terminale è il danno liquidabile a favore della vittima di lesioni mortali a condizione che il decesso non sia immediato, ma sopraggiunga dopo un apprezzabile lasso di tempo dalle lesioni.

Il risarcimento del danno da morte dipenderà da tante variabili (coabitazione, intensità del vincolo, età, ecc.) e sarà diverso da un parente all'altro.

Il danno catastrofale (o danno da lucida agonia) è il pregiudizio non patrimoniale, insito nelle lesioni patite dalla vittima primaria dell'illecito; è un'ipotesi di danno morale particolarmente grave, in quanto connaturato a una situazione di sofferenza particolarmente acuta, patita dal soggetto cosciente dell'approssimarsi della fine.

Il danno iatrogeno è il pregiudizio alla salute, causato da colpa di un sanitario, che ha per effetto l’aggravamento di una lesione già esistente, a sua volta ascrivibile a colpa di un terzo od a cause naturali.

Questo pregiudizio sussiste dunque quando si verifichi la seguente successione causale:

a) una lesione della salute;

b) l’intervento di un medico per farvi fronte;

c) l’errore del medico;

d) l’aggravamento o la mancata guarigione della lesione iniziale, sub a).

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