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Il danno non patrimoniale da “movida notturna”

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Con la locuzione "movida notturna" ci si riferisce a tutte quelle forme di aggregazione sociale che si svolgono spesso su strada e si sviluppano prevalentemente nei centri urbani, in corrispondenza delle zone ove si concentrano le attività di ristorazione, di somministrazione di bevande alcoliche con annessi dehors e di discoteche.

 

La "movida", che sottende aspetti positivi di divertimento, può sfociare nella "mala movida" nei casi in cui degeneri in schiamazzi reiterati, risse, ubriacature, musica ad alto volume, danneggiamenti che danno vita a forme di degrado urbano e rendono invivibili per i residenti, le zone circostanti ai locali.

 

Il pregiudizio che ne consegue, forma spesso oggetto di azioni giudiziarie, anche cumulative, avanti al Giudice ordinario al fine di ottenere il risarcimento del danno e la cessazione delle attività moleste.

 

Competente per le azioni nei confronti dei Comuni, dirette ad ottenere il risarcimento del danno e la cessazione delle immissioni che superano la normale tollerabilità, con di competenza del Tribunale ordinario e non del  TAR, come precisato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Cass. Sez. Unite 12 ottobre 2020 n. 21993).

 

Il danno non patrimoniale richiedibile è quello "non biologico" conseguente alle immissioni illecite e cioè correlato alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione a al diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini quotidiane, tutti diritti costituzionalmente garantiti e rafforzati dall'art. 8 CEDU, al quale il giudice è tenuto ad uniformarsi.

 

Il danno subito andrà, in ogni caso, provato ai sensi dell'art. 2697 cc.

 

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