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La Responsabilità delle R. S. A. per le infezioni da Covid-19

Durante il periodo di pandemia da Covid-19, tante persone anziane ricoverate anche da anni all’interno di case di riposo, case di cura e RSA, sono state contagiate e, purtroppo, sono decedute o hanno, comunque, subito gravi danni.

Tutte le strutture sono responsabili per le infezioni da coronavirus contratte dai pazienti e devono rispondere dei danni arrecati (Leggi i principi generali).

A fronte di tanti decessi e infezioni, la giustificazione più frequentemente utilizzata dai responsabili di queste strutture (e da un collega, giustamente, definita patetica) è stata “avevamo chiesto maggiori presidi ma non ce li hanno messi a disposizione”.

Tale giustificazione non ha alcuna valenza giuridica e, anziché escludere la responsabilità, al contrario l’ammette dal momento che dà atto della consapevolezza di dover offrire una maggior protezione che tuttavia non è stata attuata, per asserita responsabilità di chi deve reperire e fornire il presidio.

Viene ammesso, cioè, di fatto, di essere stati nelle condizioni di avere consapevolezza che la prestazione non potesse essere diligente, ma di non aver informato il creditore della stessa (il degente) del rischio al quale era sottoposto, violando perciò apertamente il principio di diligenza ex art. 1176, II comma, codice civile.

È pacifico in giurisprudenza che allorché nell’esecuzione della prestazione il debitore di quest’ultima si trovi nelle condizioni di accertare di non avere a disposizione gli strumenti necessari per adempiere in modo diligente debba, per andare esente da responsabilità, comunicare al creditore della prestazione tale sua condizione di inefficienza per metterlo nelle condizioni di rivolgersi ad altri e di avere contezza quindi del pericolo.  In difetto risponde dei danni arrecati.

Non va, poi, dimenticato che l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva allertato l’Italia sull’arrivo della pandemia e che esiste in Italia un Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale del 2002, aggiornato su sollecitazione dell’OMS nel 2005, che non è mai stato attuato.

Nessun rilevo, quindi, ha la considerazione per la quale “nessuno poteva immaginare esistesse un tale rischio di pandemia”.

Emerge quindi chiaramente la responsabilità di chi, potendo e dovendo rendersi conto del rischio di contagio, non ha posto in essere tutte le precauzioni necessarie ad evitarlo omettendo, contestualmente, di informare del rischio chi lo stava subendo, sanitari inclusi.

La declinazione delle diverse responsabilità emerge se ci si limiti a pensare all’imprenditore che gestisce la casa di cura privata o all’ente pubblico, ai singoli operatori che non sollecitano formalmente la struttura a reperire il materiale e adottare le precauzioni necessarie nonché ad informare il paziente/degente dell’aumentato rischio, senza che l’accertata responsabilità di chi è più vicino al vertice dell’azienda o dell’ente pubblico possa annullare quella di chi, gradatamente, si trovi ad operare in una condizione gerarchica subordinata.

Non va comunque dimenticato che quand’anche il nostro Paese si fosse trovato in una condizione di effettiva pandemia, diffusa in misura così capillare da riguardare l’integrale tessuto nazionale, condizione che per fortuna non si è verificata, le persone ospitate nelle strutture sia pubbliche che private avevano comunque il diritto di essere tempestivamente protette ed informate ed anche, se del caso, sollecitate a trovare ricovero altrove e non a rimanere in una deprecabile condizione di altissimo rischio di contagio senza averne nemmeno la consapevolezza.

Accanto quindi alle responsabilità che interessano dirigenti e sanitari, e che vedono quali vittime i degenti, si delineano evidenti responsabilità del datore di lavoro, sia esso soggetto pubblico che privato, nei confronti di dipendenti e collaboratori che sono stati costretti, quand’anche solleciti nel richiamare l’attenzione alla necessità di un approvvigionamento di presidi, a continuare a prestare la propria attività lavorativa in un quadro di accresciuto ed ingiustificabile rischio essendo tale quello che non viene circoscritto con l’adozione di tutte le cautele necessarie. Ed è pacifico che nascondersi dietro alla presunta o reale impossibilità di ottenere dal fornitore principale il prodotto protettivo, non consente certo di abbandonare il lavoratore ad un rischio al quale può sottrarsi solo violando il suo obbligo e omettendo di eseguire la propria prestazione.

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