Avvocato Andrea Cova

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Ritardo di crescita intrauterino

Si definisce ritardo di crescita una situazione in cui il peso fetale è inferiore al 10° percentile per l’epoca gestazionale.

In questa definizione sono compresi anche i feti costituzionalmente piccoli, per esempio nati da genitori di bassa statura. Con il termine ritardo di crescita intrauterino si intende più precisamente una crescita fetale rallentata rispetto ai controlli precedenti. Primo obiettivo della diagnosi prenatale è proprio quello di distinguere feti normalmente piccoli da feti affetti da rallentamento della crescita.

Il ritardo di crescita deve essere monitorato attentamente con il cardiotocografo, in quanto potrebbe essere sintomo di sofferenza fetale; con questo esame può essere intercettata una condizione di sofferenza del feto stesso onde trarre indicazioni per individuare l’ottimale timing del parto.  

La responsabilità del ginecologo o dell’ostetrica e, quindi, dell’Ospedale, potrebbe derivare dal mancato riconoscimento precoce del ritardo di crescita o dall’incapacità di gestirlo, eseguendo terapie sbagliate, tardive, inefficaci o, comunque, non tempestive.

Un errore del sanitario nella mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare nei casi più gravi, al decesso della madre o del bambino.

In questo caso anche i familiari del paziente vittima di malasanità, potrebbero avere diritto al risarcimento e cioè il marito (convivente more uxorio o il partner convivente), i genitori, il figlio o la figlia, i fratelli o le sorelle e gli eredi.

Il medico legale, coadiuvato da un medico specialista e affiancato dal legale, può capire se vi siano stati errori nella diagnosi, nell’esecuzione del trattamento sanitario o nello svolgimento della terapia e verificare se vi sia responsabilità del medico o dell’Ospedale.

Essenziale in questa fase sarà lo studio della documentazione medica, tra cui cartella clinica, esami e consenso informato che dovranno essere richiesti alla struttura.

Cause di ritardo di crescita

Le cause di ritardo di crescita sono molteplici ed in circa la metà dei casi non è presente un motivo ben identificabile. Il fattore di rischio più frequente è proprio aver partorito un figlio affetto da ritardo di crescita.

Si distinguono: 

Cause materne:

- alcool, fumo, droghe, farmaci

- anemia grave

- malnutrizione

- malattie cardiache e renali

- diabete pregravidico

- morbo celiaco

- malformazioni uterine

- placenta previa

- ipertesione cronica e gestazionale

- malattie infettive in gravidanza (citomegalovirus, toxoplasmosi)

Cause fetali:

- insufficienza placentare

- disordini genetici ed anomalie del cariotipo (solitamente si accompagnano a gravi malformazioni)

- gravidanza gemellare
- anomalie congenite e malformazioni

Ritardo di crescita e ipertensione materna

L’ipertensione gestazionale materna ed il ritardo di crescita fetale rappresentano diverse manifestazioni di una malattia comune: l’insufficienza placentare, a volte definita difetto di placentazione. Durante il proprio sviluppo la placenta invade la parete delle arterie materne che portano sangue all’utero trasformandole in vasi più grandi e meno rigidi in grado di aumentare l’apporto di ossigeno e nutrienti al feto.

Quando questo processo non avviene correttamente una placenta inadeguata alle necessità del feto determina ritardo di crescita. Sul versante materno, ad un iniziale tentativo di compenso con un aumento di pressione arteriosa per incrementare l’afflusso di nutrienti, può far seguito un danno vascolare non solo utero-placentare, ma multiorgano con sviluppo di gestosi o preeclampsia (ipertensione e proteinuria – proteine nelle urine- ) con rischi per la salute sia materna che fetale.

Predire il ritardo di crescita: la flussimetria delle arterie uterine

Per valutare il corretto sviluppo placentare è stata introdotta nella pratica clinica la valutazione della flussimetria delle arterie uterine che normalmente viene eseguita a 22-24 settimane di gestazione.

Come ogni onda flussimetrica arteriosa anche questa presenta una fase di maggiore flusso durante la contrazione ventricolare (flusso sistolico) ed una fase di flusso a velocità ridotta durante il rilasciamento ventricolare (flusso diastolico).

Nel caso di una placenta correttamente sviluppata le arterie uterine presenteranno un flusso adeguato anche durante la diastole, mentre nel caso di insufficienza placentare la differenza tra flusso sistolico e flusso diastolico sarà maggiore e potrà essere presente un’incisura nel flusso all’inizio della diastole, chiamato notch.

Molti sono i metodi per definire una flussimetria alterata a livello delle arterie uterine:

- Aumento dell’indice di pulsatilità (P.I.= pusatility index)

- Aumento dell’indice di resistenza (R.I.=resistance index)

- presenza di notch su entrambe le arterie uterine, sia destra che sinistra.

PI e RI sono degli indici che esprimono numericamente il rapporto tra flusso sistolico e diastolico. Si esegue la media delle misurazioni sulle arterie dei due lati (destra e sinistra).
I valori di riferimento indicano che oltre un PI medio di 1,45 la flussimetria delle arterie uterine si definisce “non adeguata”.
Naturalmente la presenza di arterie uterine alterate non significa presenza di malattia, ma solo maggiore probabilità di sviluppare ritardo di crescita o pre-eclampsia.

Più precisamente la presenza di arterie uterine normali a 24 settimane indicano che in meno dell’1% dei casi la gestante svilupperà preeclampsia o ritardo di crescita. Mentre arterie uterine alterate a 24 settimane indicano una probabilità del 30% circa di sviluppare ritardo di crescita o preeclampsia nel corso della gravidanza in donne a rischio sconosciuto (oltre il 50% in donne con fattori di rischio per gestosi).

In caso di arterie uterine non adeguate è importante effettuare monitoraggi ecografici della crescita fetale, con una frequenza (ogni 2-4-6 settimane), che stabilisce il medico curante.
Spesso nella pratica clinica sono utilizzati due acronimi di origine inglese, che hanno lo stesso significato:

FGF( fetal growth restriction)= ritardo di crescita fetale

IUGR (intra-uterine growth restriction)= ritardo di crescita intrauterino

Diagnosi di ritardo di crescita

La diagnosi di ritardo di crescita è esclusivamente ecografica.

Tuttavia l’esame clinico è fondamentale per porre il sospetto: ad ogni visita il ginecologo esegue la palpazione dell’addome materno e la misura della distanza sinfisi-fondo (cioè la misura della lunghezza dell’utero) mediante un comune metro da sarta per avere un’idea della crescita fetale. Nei casi dubbi viene richiesta la conferma ecografica.

Fondamentale è essere in possesso di un’ecografia che dia una datazione  precisa della gravidanza tramite la misurazione della lunghezza vertice-sacro (CRL) nel corso del primo trimestre di gravidanza o del diametro biparietale (BPD) o del diametro trasverso del cervelletto (DTC) prima della 22° settimana.

In base alla corretta datazione può essere definito ritardo di crescita una biometria inferiore al 10° centile per epoca gestazionale.

Nel caso in cui tutti i parametri biometrici (cranio, addome e femore) siano ridotti parleremo di ritardo di crescita simmetrico, mentre nel caso in cui sia presente una marcata riduzione solo della circonferenza addominale (CA) saremo di fronte ad un ritardo di crescita asimmetrico.

Nella maggior parte dei casi un ritardo di crescita precoce (da cause genetiche o cromosomiche) è simmetrico, mentre un ritardo di crescita tardivo (da cause placentari) risulta asimmetrico. Nella pratica clinica però non ha molta importanza questa distinzione tra “simmetrico” ed “asimmetrico”, poiché entrambi dovranno essere monitorati come situazioni a rischio.

Perchè nel ritardo di crescita asimmetrico la testa continua a crescere più regolarmente della pancia?

Nell’adulto succede che quando ci si mette a dieta la parte che “dimagrisce” è la pancia. Nel caso del feto i nutrienti vengono inviati preferenzialmente verso cuore e cervello, gli organi detti “nobili”, mentre i visceri addominali, in particolare il fegato, ricevono meno nutrienti. Questo fenomeno viene detto centralizzazione del circolo.

Monitorare il ritardo di crescita: la flussimetria dell’arteria ombelicale

La flussimetria dell’arteria ombelicale rappresenta lo strumento più efficace per individuare tra i feti con ritardo di crescita quelli a maggior rischio di sviluppare ipossia (=ridotto apporto di ossigeno).

Anche per l’arteria ombelicale, come per le arterie uterine, si valutano degli indici flussimetrici detti P.I. e R.I.: il flusso nell’arteria ombelicale è correlato al corretto sviluppo placentare sul versante fetale, cioè ci dice come funziona la placenta.  

Il flusso diastolico normale in un feto con ritardo di crescita è tranquillizzante e richiede solo una valutazione a distanza di tale flussimetria insieme alla crescita ed alla quantità di liquido amniotico.

Il flusso diastolico assente richiede invece la valutazione di altri distretti fetali quali l’arteria cerebrale media ed il dotto venoso, due vasi che danno informazioni sul benessere fetale, un attento monitoraggio ed una scelta sul momento del parto legata ad altri fattori come epoca gestazionale e maturità polmonare.

Il flusso diastolico invertito rappresenta una condizione particolarmente a rischio di morte in utero e come tale deve essere gestita.

La flussimetria dell’arteria cerebrale media

In caso di ritardo di crescita il feto ridistribuisce il flusso di sangue verso quegli organi che necessitano maggiormente di ossigeno e nutrienti per svilupparsi correttamente, come il cuore ed il sistema nervoso centrale. Tale processo è chiamato centralizzazione del circolo. Per questo motivo si assiste ad una dilatazione dell’arteria cerebrale media con aumento del flusso diastolico al fine di aumentare l’apporto di ossigeno e nutrienti. Da un punto di vista clinico la modificazione dell’arteria cerebrale media dimostra che il feto sta cercando di compensare il ridotto apporto di ossigeno.

La flussimetria del dotto venoso

Il dotto venoso è un vaso che porta sangue ossigenato dalla placenta in direzione del cuore.

Come tutti i vasi venosi, esso presenta un flusso in direzione del cuore che in condizioni di normalità mantiene tale direzione durante tutto il ciclo cardiaco. In caso di ritardo di crescita il feto ridistribuisce il flusso di sangue verso gli organi più importanti e così aumentano le resistenze contro cui il cuore deve lavorare, in questo modo anche il flusso verso il cuore risulta alterato riducendo ed infine invertendo la parte finale del flusso nel dotto venoso chiamata onda a.

Da un punto di vista clinico questa valutazione è molto importante perchè in caso di arteria ombelicale patologica (flusso diastolico assente o invertito) un’onda a normale nel dotto venoso conferma un quadro di compenso fetale, mentre un’onda a assente o invertita mostra lo scompenso fetale (riduzione critica dei livelli di ossigeno).

Il dotto venoso è l’ultimo parametro che si altera nel ritardo di crescita. Un dotto venoso alterato è una condizione di altissimo rischio di esito avverso (morte in utero o dopo la nascita). Fortunatamente, nella maggior parte dei casi abbiamo la possibilità di identificare le situazioni maggiormente a rischio ben prima di arrivare al dotto venoso alterato, che è un quadro che si osserva molto raramente.

Quando far nascere un bimbo con ritardo di crescita

La scelta del momento del parto di un feto affetto da ritardo di crescita rappresenta una delle sfide dell’ostetricia moderna. Da una parte bisogna evitare di far nascere un bambino troppo presto aggiungendo al ritardo di crescita i problemi della prematurità, dall’altra non bisogna mantenere troppo a lungo un feto piccolo in un ambiente intrauterino che non è più in grado di ossigenarlo e nutrirlo sufficientemente.

La scelta del parto dipenderà quindi dall’epoca gestazionale, dalla gravità del ritardo di crescita e dal grado di compenso fetale.

È necessario quindi monitorare tutti i parametri che abbiamo a disposizione: stima del peso, quantità di liquido amniotico, flussimetria fetale, epoca gestazionale e maturità polmonare.

Può essere utilizzata anche la cardiotocografia che tramite la valutazione della frequenza cardiaca fetale è in grado di determinare il grado di ossigenazione fetale.

Nel caso in cui il ritardo di crescita sia associato ad ipertensione e preeclampsia anche le condizioni materne devono essere prese in considerazione nella scelta corretta del momento del parto. Infine è fondamentale esporre le varie prospettive ai genitori ed insieme a loro scegliere la strada migliore.

Complicanze

I neonati a termine piccoli per l'età gestazionale non presentano le complicanze relative all'immaturità d'organo che hanno i neonati prematuri di peso simile. Sono, tuttavia, a rischio di:

- Asfissia perinatale

- Aspirazione di meconio

- Ipoglicemia

- Policitemia

- Ipotermia

L'asfissia perinatale durante il travaglio è la più grave delle potenziali complicanze. È un rischio se il ritardo di accrescimento intrauterino è dovuto a insufficienza placentare (con perfusione placentare appena adeguata) perché ogni contrazione uterina rallenta o interrompe la perfusione placentare materna per compressione delle arterie spirali. Per questa ragione, quando si sospetta un'insufficienza placentare, si deve valutare la condizione del feto prima del travaglio e si deve monitorare continuamente la frequenza cardiaca fetale durante il travaglio.

Se è diagnosticata una sofferenza fetale, è indicato un parto anticipato, spesso con parto cesareo.

Un'inalazione di meconio si può verificare durante l'asfissia perinatale. I neonati piccoli per l'età gestazionale, specialmente quelli post-maturi possono emettere meconio nel liquido amniotico e iniziare profondi movimenti di gasping. È probabile che la conseguente aspirazione comporti sindrome da aspirazione del meconio. La sindrome da aspirazione di meconio è spesso più grave nei neonati con ritardo di crescita o postmaturi, poiché il meconio è contenuto in un minore volume di liquido amniotico, e quindi è più concentrato.

L'ipoglicemia spesso si presenta nelle prime ore o nei primi giorni di vita per mancanza di un'adeguata sintesi di glicogeno e quindi ridotte riserve di glicogeno e deve essere trattata rapidamente con glucosio EV.

Una policitemia può comparire quando i feti piccoli per l'età gestazionale soffrono di un'ipossia moderata cronica per insufficienza placentare. La secrezione di eritropoietina è aumentata, e ciò porta a un aumentato tasso di produzione eritrocitaria. Il neonato con policitemia alla nascita appare rossastro e può essere tachipnoico o soporoso.

L'ipotermia può verificarsi a causa della termoregolazione alterata, che coinvolge molteplici fattori tra cui una maggiore perdita di calore a causa della diminuzione del grasso sottocutaneo, una diminuzione della produzione di calore a causa dello stress intrauterino e dell'esaurimento di depositi di nutrienti, e una maggiore superficie in rapporto al volume a causa di piccole dimensioni. I neonati piccoli per età gestazionale devono essere mantenuti in ambiente termicamente neutro per ridurre il consumo di ossigeno al minimo.

Risarcimento danni

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